07 giugno 2017

Customer Centricity: riallineare business e organizzazione

Customer Centricity: riallineare business e organizzazione

Si è conclusa mercoledì 7 giugno 2017 la sessione di Aggiornamento Permanente in Sky Italia. La giornata è stata dedicata al tema: “Customer Centricity: riallineare business e organizzazione”, con gli interventi di tre relatori - James Dodkins, Principal Consultant BP Group, Marco Bragadin CEO, ING Bank Italia e Giuliano Tagliaferri, Commercial Director, Decathlon Italia.La mattinata si è aperta con Dodkins: partendo da un semplice gioco a cui ha invitato i presenti in sala, ha iniziato con lo spiegare le basi della customer centricity, ponendo l’accento sulla semplicità, uno dei pilastri indispensabili nella situazione di complessità attuale, pane quotidiano di molte realtà aziendali.Secondo il relatore, il limite delle strutture aziendali “a silos”, retaggio dell’era industriale che le aveva concepite pensando a fabbriche e a prodotti - più che a servizi e persone, è quello di essere lente e di difficile recezione per l’utente finale.Non è solo l’utente ad essere bombardato di dati, ma le stesse organizzazioni: se, infatti, è vitale l’analisi e le misurazioni di dati e performance, è ancora più importante estrapolare in questo surplus, i dati davvero necessari, che ci parlino dell’outcome finale.Cogliere le necessità dei clienti e anticiparle è il futuro: la seconda parte dell’intervento di Dodkins si è concentrata sulle evoluzioni a cui probabilmente assisteremo nei prossimi anni. È emerso un quadro dalle diverse sfaccettature: La tecnologia metterà a disposizione mezzi sempre più sofisticati La personalizzazione dell’offerta andrà soppiantando definitivamente i pacchetti standardizzati Le strutture organizzative tradizionali cederanno il posto ad altre più agili Le necessità dell’utente saranno sempre più anticipate proattivamente, con l’obiettivo di eliminare totalmente feedback e reclami.Per arrivare a questo risultato è importante tenere sempre presenti due punti: Da un lato la propria mission, la propria cultura: quale impatto positivo vogliamo avere sul mondo circostante? Dall’altro i bisogni del cliente: i bisogni, non i desideri. Dodkins ha infatti mostrato come, in una situazione di multi opzioni, i clienti vadano spesso in confusione, non sanno scegliere e anzi, leggono questa modalità come un “non conosco le tue reali necessità, per questo lo chiedo a te”.Anticipare le necessità del cliente è una grande sfida, da cui dipendono a cascata tutti gli altri risultati: come raggiungere un traguardo così ambizioso?Dodkins parla della strategia dell’ “iper-personalizzazione”, che permetterà di consegnare, letteralmente, un’esperienza su misura di ogni singolo cliente, ogni volta.Tra i diversi esempi di realtà all’avanguardia in questo senso, sono state citate: Disneyland con i braccialetti magici, degli strumenti “contenitori” di tutti i dati dei clienti, che permettono non solo di pagare o di compiere azioni pratiche che rendano l’esperienza del parco divertimenti più agevole, ma soprattutto di “creare la magia”, che è diversa per ogni ospite. La stessa “magia” può, ad esempio, far comparire sullo schermo di benvenuto l’immagine del proprio personaggio preferito. Monzo: la prima banca totalmente digitale che ha adottato un approccio disruptive nel mondo finanziario, grazie all’utilizzo intelligente degli stessi clienti per crescere organicamente e finanziarsi (la campagna di crowdfunding è stata un successo internazionale). Oltre alla tecnologia, si sono evidenziati diversi servizi innovativi come il monitoraggio della spesa media giornaliera, la possibilità di “congelare” la carta online qualora venisse smarrita o rubata ecc. Il secondo a prendere la parola è stato Bragadin, che ha offerto le sue considerazioni sulla customer centricity nel mondo bancario, grazie alla sua esperienza in Monte dei Paschi di Siena e in ING Bank.Il suo punto di vista ha preso in esame la situazione complessiva di ING Bank declinata in Paesi a differenti stadi di maturazione: I Market Leaders (Olanda, Belgio e Lussemburgo) I Paesi Challengers (diversi Paesi occidentali tra cui l’Italia) dove esiste ING ma va accresciuta la presenza sul territorio I Growth Markets (quei Paesi emergenti asiatici ma anche alle nostre porte come Polonia, Turchia, Romania) Wholesale banking (il resto del mondo)Dopo gli esempi più “estremi” ed avanzati lato agility portati da Dodkins, Bragadin ha voluto mettere in luce anche i freni del settore a queste modalità innovative, sottolineando la rigidità del sistema di controllo e compliance soprattutto in Europa e in Italia.Una maggiore libertà organizzativa è quella attuata dalla “casa madre” olandese che si è organizzata in un sistema di tribù, aperte a tutte le funzioni di staff. Ad esempio nella “tribù mutui” possono convogliare specialisti di qualsiasi unità: è questo un caso esemplare in cui un gruppo si riunisce per obiettivo volto al cliente finale, più che per funzione aziendale.Il plus di questo sistema, che è tangibile per tutti i dipendenti, è il grandissimo risparmio di tempo.In termini di prodotti e servizi, Bragadin ha mostrato come ING Bank abbia recepito precocemente il modello del “mono prodotto” senza mille opzioni di scelta (come detto da Dodkins) ma con personalizzazione diretta, come nel caso del Conto Arancio.Si è passati poi ad una slide riassuntiva dei 9 pilastri della customer centricity in ING Bank:In particolare si è sottolineato come alcuni siano fondamentali: Le linee guida chiaramente customer centric dettate dall’area Marketing and Customer Value Management. Misurazione continua del livello di customer experience in tutti i punti di contatto con l’utente (fase di attivazione del rapporto, di utilizzo e di supporto). Design e sviluppo dei prodotti basati su un approccio di agilità e co-creazione con i clienti e tarati sui loro bisogni ancora non soddisfatti.Per facilitare questo processo Bragadin ha raccontato di come siano stati accorpati diversi task all’area Marketing e Customer Value Management, prima parcellizzati sotto altre aree meno strategicamente sensibili e più tecniche.La tecnologia può essere un grande facilitatore nel creare una community attiva: è emersa chiaramente l’importanza di un sito e di una newsletter non strettamente sul prodotto ma di natura tematica, finalizzate a lavorare “a monte”, coltivando la cultura finanziaria che è trasversalmente scarsa in tutta la nostra società. E’ altresì essenziale, il tenere presente che la digitalizzazione deve investire tutti i processi: non avrebbe senso una vetrina all’avanguardia, se non fosse motivata da benefici tangibili e da una gestione altrettanto digitalizzata.Tutti questi processi in atto, hanno come “next step” il consolidamento: quando una realtà come quella bancaria, molto lontana storicamente dall’innovazione tecnologica e dall’agilità lavorativa, fa suo il cambiamento, secondo Bragadin è meglio procedere gradualmente: tutti i nuovi progetti partono ora in modalità agile, in modo che diventi la norma senza traumi o scossoni eccessivi.Il terzo ed ultimo relatore della giornata è stato Tagliaferri di Decathlon: si è passati ad una realtà di business completamente diversa: il mondo del retail e dello sport.Decathlon è una realtà ormai planetaria: conta 1.176 negozi in 30 Paesi (si è diffusa con grande rapidità anche in Estremo Oriente e ha ormai perso la sua connotazione “francese” delle origini).Giuliano Tagliaferri, Commercial Director di Decathlon Italia, ha condiviso con la platea le riflessioni organizzative sul tema “negozio del futuro”. Il punto vendita è progettato sempre più come un luogo con al centro il cliente, la sua esperienza non solo d’acquisto, ma di avvicinamento allo sport, che è poi il DNA stesso del brand: rendere accessibile a tutti le attività sportive riunendo ogni disciplina sotto le insegne Decathlon. From Store to Stories: da questa esigenza sono nate tutte le strategie pratiche che comprendono: Il coinvolgimento della community di “utilizzatori” nella progettazione dei prodotti stessi. In particolare tramite l’individuare i Leader locali di pratiche sportive, specie di discipline meno diffuse. la riorganizzazione interna per pratiche sportive, al fine di avvicinare il personale agli utilizzatori. L’alleggerimento delle strutture di management, con più autonomia ai collaboratori. Un passaggio, questo, che ha permesso di trasformare l’organizzazione in organismo.Questo approccio bottom-up presenta, però, alcune criticità: in primis, il cambiamento interno va accompagnato e i collaboratori formati e rassicurati.Non tutti, infatti, sono pronti al cambiamento, non tutti lo vogliono e comprendono (specie se l’attività stava procedendo bene) e non tutti hanno una visione di medio/lungo termine.A livello di rapporto con il cliente, che va concepito come una relazione unica e continuativa, si è investito molto nell’incentivare le Recensioni Cliente e utilizzando le Q&A sul sito, poste quindi a tutta la community, scoprendo così che l’80% delle visite sul sito servono a preparare l’acquisto in un punto vendita fisico.Si è puntato tutto sullo spostare il baricentro dall’acquisto/prodotto all’esperienza. In questa ottica vanno anche le iniziative commerciali come i voucher che regalano non uno sconto ma un’ “avventura” alla scoperta di uno sport mai praticato o di un nuovo centro sportivo.Un grande aiuto per questo tipo di offerte è dato dai nuovi criteri di segmentazione. E’ stato notato da tutti e tre i relatori come le categorie anagrafiche o comunque più rigide di una volta, siano state superate e sostituite con altri parametri molto più fluidi e legati ad abitudini e lifestyle personale.Quando si parla di customer centricity è, infine, importante ricordare che, ad esserne coinvolti, non sono solo il front office o una divisione specifica, ma tutta l’azienda, a tutti i livelli, perché il cliente al centro non è un’idea ma una cultura.