22 febbraio 2019

No Deal o No Brexit? Probabilmente “Managed No Deal”

No Deal o No Brexit? Probabilmente “Managed No Deal”

No Deal o No Brexit? Probabilmente “Managed No Deal”Il tortuoso “way out” britannico, tra vecchi contrasti e nuove inquietudini Tanti i nodi irrisolti e le incertezze, alla vigilia della scadenza del 29 marzo per la Brexit.Ne abbiamo parlato con Luigi Ippolito, corrispondente del Corriere della Sera a Londra: in questa sintesi ripercorriamo i temi chiave del suo intervento nel webinar live del 22 febbraio.Incertezze, dicevamo: il Deal discusso e rigettato dal parlamento inglese a metà gennaio, affronta infatti semplicemente i termini dell’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea, non si parla della relazione futura tra le due.La Brexit rappresenta uno scossone per 3 pilastri fondamentali come Persone, Economia e Geopolitica: sono interessati, infatti, in primis 3 milioni e mezzo di cittadini europei attualmente in Gran Bretagna grazie alla libertà di circolazione. Cosa prevede il Deal allo stato attuale su questi punti:PersoneGaranzia di poter restare, lavorare e all’assistenza sanitaria per i 3.5 milioni di europei sul suolo inglese attualmente (di cui 700.000 italiani) – sostanzialmente parificati ai britanniciEconomiaIl “conto del divorzio”: gli impegni già presi dalla Gran Bretagna verso progetti europei, quantificati in 45 miliardi di euro, dopo reticenze inglesi e tira e molla, sono stati accettatiGeopoliticaLa questione nordirlandese. La frontiera condivisa tra UK e Irlanda del nord è l’unica frontiera fisica che affaccia sull’UE. In caso di Brexit, in teoria dovrebbe diventare un confine rigido con dazi, dogane e sicurezza stretta. Questo però contravverrebbe agli accordi di pace del Venerdì Santo che nel ’98 avevano messo fine alla guerra civile tra protestanti e cattolici. Si stanno tentando diversi escamotage per evitare di riaccendere il focolaio. Per contro, la clausola di backstop proposta dall’Unione Europea ha creato forti malumori interni al Governo della May, sostenuto anche dagli unionisti dell’Irlanda del Nord e dalla linea euroscettica del suo partito. Le ambiguità nel Parlamento ingleseAlle spaccature dei conservatori si aggiungono le contraddizioni dei Laburisti: a fronte di un elettorato e di deputati fortemente europeisti, il leader attuale, Corbyn, mantiene una posizione fortemente ambivalente.Al livello di esperimento politico personale (di stampo socialista), restare fuori dai regolamenti europei potrebbe essere un vantaggio per Corbyn, oltre a garantirgli l’appoggio delle fasce di elettorato più svantaggiate e fortemente pro Brexit. Dall’altra, le pressioni del partito si fanno sempre più forti con concreto rischio di massicce defezioni che manderebbero in fumo il sogno socialista prima di vedere la luce. Cosa succederà in caso di Brexit?ImmigrazioneLa lettura condivisa da entrambe le fazioni del parlamento è che il voto pro Brexit sia stato soprattutto un voto contro la totale libertà di circolazione delle persone: riprendere il controllo di questo flusso e regolarlo è dunque l’obiettivo primario per rendere il “divorzio” effettivo.Pur senza i crismi dell’ufficialità, si parla già di “immigrazione a due binari”: qualificata e non qualificata.La prima, utile alla crescita del Paese, verrà tutelata con permessi di 5 anni rinnovabili, mentre la seconda verrà fortemente penalizzata con permessi di 1 anno e non rinnovabile per il successivo. Questo trattamento mira a limitare l’immigrazione che fa “concorrenza” alle fasce deboli della popolazione locale e ne accende il malcontento. Debiti con l’UECosa succede se non si arriva ad un accordo condiviso? Molti sostengono che Londra non dovrebbe più pagare nulla.  Non è difficile capire che questo costituirebbe un precedente di mancata ottemperanza pericolosissimo che l’Unione Europea non può permettersi. Italiani in UK?In caso di No Deal c’è solo una dichiarazione di volontà politica nel mantenere i diritti acquisiti, non supportata da basi legali, per cui ad un cambio di governo potrebbero venire meno, è una situazione potenzialmente esplosiva. Istituzioni FinanziarieAnche in caso di accordo, la May ha accettato un accesso ridotto per i servizi al Mercato unico in cambio della fine della libera circolazione.Soprattutto le banche internazionali americane stanno spostando uffici e personale in EU per garantirsi piena continuità operativa. Business e MultinzionaliIn caso di accordo non ci sarebbero particolari scossoni, mentre in caso di No Deal si prevedono forti problemi alle supply chain che passano per o arrivano in Gran Bretagna, così come forti frizioni doganali e difficoltà di approvigionamento di cibo e medicinali in UK. I rapporti con USA, Cina ed Ex ColonieI Britannici speravano di creare un corridoio privilegiato con la cosiddetta “anglosfera” (USA, Australia, Canada ecc.) e con le economie emergenti, in primis l’India come ex Colonia. Finora non si è riscontrato particolare interesse per questi auspici e sicuramente il rapporto con questi Paesi non potrà supplire alle perdite derivate dalla Brexit. Conseguenze positive?Difficile trovarne per la Gran Bretagna, mentre per l’Europa potrebbe profilarsi una maggior integrazione politica su temi come la sicurezza condivisa (caldeggiata soprattutto dalla Francia). La Gran Bretagna ha sempre vissuto l’Unione Europea come uno spazio di libero scambio economico ma ha frenato costantemente sui progetti di più ampio respiro. L’Opzione C: la dilazioneL’ipotesi più realistica secondo Ippolito? La possibilità di dilazione della Brexit, che si sposterebbe finché non si trova un accordo: c’è però l’ostacolo delle elezioni europee. Non si può andare ad una dilazione tale per cui la Gran Bretagna vada a votare parlamentari europei, quindi il limite massimo è giugno 2019. Queste settimane aggiuntive serviranno con tutta probabilità a preparare maggiormente l’uscita senza accordi, il cosiddetto “Managed No Deal”, appunto. Per restare aggiornati sulle tematiche geopolitiche, non perdete il prossimo appuntamento con il Prof. Caracciolo del 12 marzo.