07 novembre 2017

Le 12 sfide dell’Intelligenza Artificiale

Le 12 sfide dell’Intelligenza Artificiale

Secondo il prof. Luciano  Floridi, Direttore della Ricerca e Professore di Filosofia & Etica dell’Informazione all’Oxford Internet Institute, più che di Intelligenza Artificiale, dovremmo puntare sull’Intelligenza Aumentata.L’Intelligenza Artificiale è un rischio esistenziale per l’umanità?Con questa domanda si è aperto lo speech e il vivace dibattito nel Client Center IBM di Segrate: buona parte dei manager presenti ha risposto di no, concordando con il prof. Floridi.A che punto siamo in Italia e in Europa sull’Intelligenza Artificiale?In Italia sussistono resistenze e mancanze sul fronte politico che rendono più difficoltoso adottare le nuove tecnologie, tuttavia l’Europa (pur avendo una sola azienda che produce un’AI all’avanguardia, a Londra, la Deep Mind) avrebbe in sé la forza per “commercializzare” e influenzare le regolamentazioni indirizzandole maggiormente su un approccio responsabile ed etico.Si sta cercando dunque la via della partnership e del network europeo, poche settimane c’è stata una riunione a Berlino che voleva aprire la strada ad accordi internazionali. Artificial Intelligence nella storiaAffidare a dei robot i compiti ripetitivi è sempre stato il “piano A” dell’umanità: il vero problema non è il “rubare il lavoro” ma il salario. Per questo si dovrà ragionare in termini sempre più sociali, politici ed etici su certe sfide poste dalle tecnologie disruptive.È dagli anni ’50 che, a partire dalle teorie di Alan Turing, si è tentato di rispondere al “a robot can think?”. Lui stesso aveva ipotizzato che nel 2000 circa i robot avrebbero passato il test positivamente, ma nonostante infinite prove e proclami ancora siamo ben lontani dai risultati che si immaginavano nei decenni passati.Pur di “forzare” il risultato, si è lavorato sul contesto:  abbiamo progressivamente creato un mondo sempre più machine friendly piuttosto che human friendly. Basti pensare a come, sul web, sempre più spesso sia necessario, tramite capchta, provare di essere umani! Oppure all’evoluzione del codice a barre, ormai leggibile solo tramite digitale, non certo tramite occhi e mente umani. Qual è dunque, la vera sfida che ci pone il futuro? Quello che davvero dovremmo domandarci è se saremo capaci di creare un progetto umano sfruttando le potenzialità digitali.La verità è che come abbiamo concepito l’Intelligenza Artificiale attuale, per eliminare il problema di un lavoro manuale abbiamo scorporato l’intelligenza richiesta per svolgerlo, dal risultato di successo della performance.Il risultato è stata la fusione ormai quasi totale tra “online” e “offline” in uno spazio totalizzante, “onlife” in cui le sfide emergono perché il nativo, in questo contesto, non è più l’essere umano, che si ritrova come un subacqueo che ammira i pesci tropicali ma non può respirare senza un aiuto.In tutto questo, l’andamento cognitivo ha fatto ben pochi passi in avanti rispetto agli anni ’50, mentre l’aspetto ingegneristico, ne ha fatti da gigante: questi ritmi a due velocità hanno permesso di raggiungere non un’intelligenza artificiale ma dei processi artificialmente intelligenti.Sono processi, questi, tanto più di successo, tanto più invisibili e inavvertibili: attualmente li paghiamo consegnando spontaneamente i nostri dati ma di questo passo si arriverà facilmente al tragico (ossia quella situazione in cui non è più possibile, tramite scelta, evitare una esito drammatico). Per evitare questo cul-de-sac, dobbiamo avere una Governance che verte sul giusto design.Allora quanto controllo vogliamo esercitare sull’Intelligenza artificiale? È qui che si apre una delle sfide più grandi: è giusto delegare a dei robot delle scelte fino ad un punto di possibile non ritorno?In un’epoca in cui serve sempre meno produrre oggetti rispetto a servizi ed esperienze, l’etica può imboccare sostanzialmente due strade: Una hard ethics che laddove si scontra con leggi non etiche, vi si oppone e mira a riformare le leggi stesse senza fare pura “compliance”. Una soft ethics che assume come etica il sistema legale stesso e al massimo va oltre la legge, facendo qualcosina in più.La legge dovrebbe fornire le regole del gioco, mentre l’etica insegna come giocare ancora meglio, soprattutto in ambito aziendale, in cui il valore è dato al 70-80% da elementi intangibili come la credibilità, il know-how e la buona disposizione dei clienti. 12 scenari che aprono sfide nel futuro prossimo  INTERFACES – Le figure interfaccia vanno sempre più sparendo: nella maggioranza dei casi, il loro ruolo non è assunto da macchine ma dall’utente stesso in versione digitalizzata. Qui è importante ragionare ed osservare quali sono queste figure e situazioni in via d’estinzione e capiremo l’impatto della robotizzazione sul mondo del lavoro. A volte si ha l’impressione che le stime sull’automazione tengano conto solo dell’elemento della possibilità, non della legge e delle normative, per cui l’impatto e le sostituzioni potrebbero essere meno elevate di quanto non si pensi.  DEPENDENCY – Chi di digitale vive (troppo), di digitale potrebbe morire: l’Intelligenza Artificiale provoca una pigrizia generalizzata su molte azioni che rendono l’intero sistema fragilissimo. Sedersi sul digitale senza preoccuparsi della sua robustezza è come accomodarsi su una sedia senza controllare che abbia tutte le gambe. Nel creare ecosistemi digitali occorrerebbe sempre iniettare resistenza e ridondanza che però sono costi “invisibili”, poco spendibili politicamente perché la loro utilità si vede solo nel momento di una crisi. Spingere maggiormente su investimenti in questa direzione è cruciale.  RESPONSIBILITY – oltre a liability ed accountability c’è la responsibility: concetto per cui ci si sente in carico di una qualche situazione pur non essendone formalmente obbligati. In ambito digitale discernere le responsabilità è sempre più difficile, essendo un sistema distributivo in cui le operazioni sono almeno parzialmente automatizzate. Non esiste una risposta univoca: ogni situazione ha soluzioni e sentenze anche legali diverse, ma dobbiamo sempre considerare anche questo aspetto.  DEMOCRATIZATION – Quando l’Intelligenza Artificiale sarà a getto continuo, “come un rubinetto”, che succederà alla criminalità organizzata? La diffusione capillare non implica solo una diffusione di vantaggi, ma anche di potenziali danni e crimini che vanno tenuti in considerazione e prevenuti il più possibile.  IMPACT – Quando pensiamo al digitale siamo tentati di credere che sostituisca l’analogico: la verità è che lo fa solo funzionare meglio, lo ottimizza, basti pensare al riscaldamento domestico che si autoregola permettendo di risparmiare. Il problema qui è che per creare il digitale stiamo consumando più velocemente di quanto stiamo risparmiando: saremo più veloci a consumare o a salvare il mondo? La partita si gioca nella prossima manciata di anni.  COMPLEXITY – L’uomo, da sempre, per risolvere problemi aggiunge complessità sulla complessità: rendere smart il mondo, specie gli spazi urbani, è più complesso di quanto appaia: non basta mettere la connessione o sfruttare l’internet of things perché si aprono nuovi problemi, come nel caso di Barcellona che ha illuminato un quartiere in modo smart (cioè solo quando passava qualcuno le luci si accendevano): questo ha creato a catena problemi di senso di insicurezza soprattutto nelle donne che non passavano più lì, con danno ai commercianti della zona.  FREEDOM – Se vogliamo definire la libertà come autonomia nel prendere una decisione, che succede quando applichiamo l’Intelligenza Artificiale a problemi di natura sociale? Esistono software creati in USA, e che arriveranno anche in Europa, basati su banche dati che riescono a prevedere dove è più probabile che si verifichi un terremoto. Il problema è che stanno utilizzando questi software come modelli per la “previsione del terrorismo”: gli esseri umani non sono eticamente assimilabili a fenomeni geologici perché significa escludere la libertà, la volontà ecc.  ADAPTABILITY – Gran parte degli investimenti in Intelligenza Artificiale sta andando nella direzione del programmatic advertisement che mostra all’utente solo ciò che è profilato: i costi della pubblicità attualmente equivalgono al PIL della Svezia! Vale la pena investire in questo settore perché siamo altamente malleabili, rispetto ad un ben più rigido sistema come quello data driven, che ha facilmente la meglio sulle nostre scelte.  BRAIN  DRAIN – C’è una fuga di cervelli dal mondo accademico della ricerca pura a quello industriale: i ragazzi più brillanti non fanno in tempo a finire il dottorato che vengono attirati e “risucchiati” dalle aziende, finendo precocemente nel campo della ricerca applicativa e sprecando opportunità. Il mondo aziendale è disponibile a delle forme di co-gestione delle ricerche, è il mondo della formazione a non aver ancora compreso i vantaggi di un sistema del genere.  DEFINING INTELLIGENCE – Se basiamo il concetto di intelligenza umana su quello dell’Intelligenza artificiale come modello, rischiamo di ridurla al “saper far di conto” hobbesiano: molti ragazzi poco inclini alla matematica ma geniali su altro, saranno tagliati fuori.  EXCEPTIONALISM – L’uomo si è considerato da sempre eccezionale, al centro dell’universo: con Copernico siamo finiti fuori dalla centralità dell’universo, con Darwin non siamo più al centro del mondo animale, dopo Freud non siamo più al centro del mondo mentale. ...ma siamo ancora gli unici a saper giocare a scacchi!Come uscire da questo circolo vizioso di frustrazione da mancata centralità? Cambiando radicalmente la prospettiva: da Antropocentrici ad Antropo-eccentrici: “we are special because we are nature’s beautiful glitch”.Siamo un’eccezione perché siamo un magnifico “errore” che è riuscito a sopravvivere e migliorare sé stesso.Questa generazione dovrà scegliere: se saremo schiavi, sarà solo colpa nostra..