11 aprile 2017

Tutte le guerre di Trump

Tutte le guerre di Trump

Tra i vari focolai di guerra e le tensioni a livello globale, una è sfuggito a molti commentatori: Lucio Caracciolo, Direttore di Limes, ha voluto invece evidenziarla in prima battuta:La guerra tra i poteri americani.Nel momento presente, in cui i fatti appaiono convulsi e si inseguono con rapidità, questa lettura può rappresentare la chiave di volta per dirimere gli sconvolgimenti geopolitici a cui assistiamo.Gli USA con Trump hanno inaugurato una stagione paradossale e senza precedenti: un Presidente sospettato di essere quasi una quinta colonna del nemico storico, la Russia. Questa posizione di estrema debolezza ha messo da subito Trump nelle condizioni di dover “mostrare i muscoli” internamente e accantonare gli orientamenti pre elettorali sul fronte della politica estera.Trump, infatti, immaginava di strutturarla essenzialmente in 4 punti:ripristinare il dialogo con la Russia nella comune lotta contro i terroristi castigare i Paesi Nato che non spendono il 2% del PIL in spese militari (parte della costituzione materiale del Patto Atlantico) lotta allo Stato Islamico inaugurare un approccio protezionistico e una guerra commerciale con la CinaA questo programma si sono opposti poteri più palesi come il Congresso (pedina fondamentale, perché detentore dei “cordoni della borsa”), un partito Repubblicano che non si riconosce nel “suo” candidato e i poteri giudiziari. A questi si aggiungono forze meno visibili come il potere militare e l’intelligence.La frizione interna ha fatto sì che prevalesse la linea pre-Trump che postula 4 assunti:La Russia è IL nemico La NATO serve, è inutile castigarne gli Stati membri Occorre aumentare la pressione politica sulla Cina per quanto riguarda l’area del Pacifico Più apertura commerciale verso Cina e immigrazione (il tanto chiacchierato muro al confine col Messico probabilmente non vedrà mai la luce così come lo aveva immaginato il Presidente).Nel recente vertice cinese si è preso atto dei rapporti finanziari interdipendenti, tali da non permettere agli USA di ingaggiare una competizione che la danneggerebbe troppo. Ne sono usciti accordi molto generici che prendono tempo: lo scontro è rimandato, almeno per ora.Il fronte Corea del nord è stato la “consegna” di novembre da parte di Obama, che lo ha additato a Trump come il “problema numero uno”, a causa delle sperimentazioni di missili balistici e di un arsenale atomico in via di formazione. Trump auspica un ruolo più duro della Cina verso la Corea del Nord, che però sarebbe dannoso per la Cina stessa: non è nel suo interesse la destabilizzazione e riunificazione della Corea, portandosi così lo schieramento americano alle porte “di casa”. D’altro canto una guerra di Corea coinvolgerebbe le potenze regionali e le potenze mondiali, creando il presupposto per una escalation molto pericolosa per tutte le nazioni.La Russia ha il nervo scoperto in Ucraina, su cui ha una posizione molto dura: nel Baltico a settembre sono puntati gli occhi del mondo intero per le esercitazioni militari molto estese e concomitanti di Russia, NATO e alcuni Paesi Baltici. La sensazione di un possibile inasprimento repentino a causa di un “incidente” è concreta, vista la tensione tra USA e Russia che a differenza della Guerra Fredda, sono oggi nemici che non si conoscono a vicenda.L’Europa attraversa un processo di disintegrazione e reintegrazione dopo la Brexit: Irlanda e Scozia sono in subbuglio e potrebbero rifiutarsi di seguire l’Inghilterra “out of EU”, l’assetto politico si è spostato verso sud con la Spagna come interlocutore di “fiducia” della Germania. Quest’ultima è in una posizione particolarmente difficile: da un lato il conflitto sordo e talora aperto con gli USA, dall’altro una supremazia commerciale che non si traduce in un’egemonia piena. Da qui i “flirt” con Cina e Russia, la politica di massiccio riarmo e persino il dibattito pubblico sull’eventualità di dotarsi dell’atomica, fino ad arrivare al “piano B” se l’Unione Europea dovesse naufragare, ossia una moneta “del nord”.L’Italia ha un problema simile sul piano militare (ha usato le proprie forze armate in modo poco lungimirante negli anni, persino contro i propri interessi in Libia e in Ex Jugoslavia), a cui si aggiunge la poca competitività commerciale che taglia fuori sostanzialmente i propri porti, anche a nord, dalle nuove vie della Seta, le rotte della “globalizzazione alternativa” made in China.Il prossimo appuntamento con il ciclo “Lo scenario geopolitico globale” sarà il 16 giugno.