17 maggio 2017

Gestione crisi reputazionali e Trasparenza

Gestione crisi reputazionali e Trasparenza

In occasione del Communication Global Summit 2017 Ambrosetti, si sono affrontati alcuni aspetti particolarmente critici per il futuro della comunicazione corporate, che sono strettamente legati alla  trasformazione digitale e ai cambiamenti sociali in atto.Due i filoni principali che hanno attraversato tutti gli interventi:La trasparenza: nell’era social è divenuta un imperativo assoluto. Non è possibile (tantomeno auspicabile) nascondere più nulla. Essere cristallini paga alla lunga e aiuta nella gestione delle crisi reputazionali in azienda. La percezione ha scalzato la verità: da qui il proliferare e il successo delle fake news.Iniziamo con l’esaminare il primo punto, trasparenza e crisi reputazionali:Santiago de la Cierva, Executive Director, Master of Corporate Reputation, School of Communication, University of Navarra e Professor of Crisis Management and Communication, IESE Business School, ha incentrato il suo intervento sull’analisi di 3 casi studio di crisis management: la prima riguardante la Lotte Co. Ltd, un colosso coreano con però forti legami e interessi in Cina. L’azienda entra in un “trigger event” a causa di attriti politici tra le due Nazioni.  La seconda presenta un caso di crisi in Cile: il Presidente del Consorcio Financiero, Juan Bilbao, viene messo sotto inchiesta. Infine il caso canadese della Lululemon, messa in ginocchio dalle dichiarazioni inopportune, oltre che dall’eccessiva politica accentratrice del proprio Fondatore a livello organizzativo.Il Prof. De la Cierva, per ognuno di questi esempi ha mostrato best e bad practice della gestione della crisi.Cosa fare in concreto allo scoppio delle crisi reputazionali?Reagire tempestivamente. Le crisi hanno risonanza immediata e globale: la capacità di intervenire con rapidità può fare realmente la differenza tra successo e fallimento. Imparare dagli errori altrui: fondamentale essere preparati ed aver studiato le crisi. La prevenzione non è qualcosa di piacevole, ma è indispensabile metterla in campo. Separare sempre la difesa personale di un soggetto dalla difesa aziendale. Comunicare sempre, sia a livello interno che esterno: gli stakeholders e i dipendenti hanno diritto di essere informati e rassicurati uno per uno, laddove possibile.Tra le altre mosse opportune annoveriamo anche il ribadire i valori aziendali e attuare inchieste e riforme interne per evitare che una crisi possa ripresentarsi.A questo scopo è fondamentale essere esperti di social intelligence ad un livello scientifico e metodologico: possiamo così interagire e giocare anche d’anticipo sulle crisi. Le statistiche parlano chiaro: nel 90% dei casi, quando è l’azienda stessa a raccontare una cattiva notizia con il proprio timing e frame, le probabilità che la situazione degeneri sono molto più basse.Sabia Schwarzer, Head of Group Communications, Allianz, ha arricchito il tema della trasparenza con esempi di progetti interni all’azienda, legati all’umanizzazione e ad una maggior apertura esterna in ambito reputazionale. Ha mostrato come concedere interviste anche a blogger “scomodi”, accettare feedback non per forza positivi possa attirare critiche difficili e anche dolorose da gestire, ma essere autentici ripaga.Infine, bisogna ormai tenere in considerazione il mutato scenario complessivo: le aziende sono sempre più player di primo piano a livello politico e sociale: devono mantenersi indipendenti ma non possono più ignorare la complessità esterna, pena il trovarsela piombare addosso in modo rovinoso, come nel caso coreano.Questo aspetto ci porterà naturalmente a considerare il secondo punto: le fake news come esempio terminale di una realtà che cede il passo alla percezione soggettiva dell’individuo e di come possa influire su eventi a larga scala come una campagna politica.A breve il secondo articolo su questo tema.