31 agosto 2017

Anteprima Cernobbio 2017 – I punti chiave

Anteprima Cernobbio 2017 – I punti chiave

Si è concluso domenica 3 settembre l’appuntamento annuale in cui The European House – Ambrosetti ospita i massimi esperti internazionali per discutere i temi chiave del futuro.Giovedì 31 Agosto si sono avvicendati, durante l’Anteprima, tre relatori che hanno riassunto la prospettiva triplice ed imprescindibile per leggere al meglio tra le pieghe degli eventi e dell’attualità: il passato, il presente ed il futuro.Non è stato certo un caso, infatti, che tutti e tre abbiano sottolineato l’importanza, in termini di leadership, di possedere solide basi storiche e il valore dell’interdisciplinarietà: senza queste fondamenta, può risultare un’impresa ardua destreggiarsi nel panorama internazionale sempre più convulso. Il futuroA prendere la parola per primo è stato Alec Ross, Author & Distinguished Visiting Fellow, Johns Hopkins University, USA: il suo contributo è stato particolarmente interattivo, grazie anche alle recenti innovazioni tecnologiche legate alla nuova App di Aggiornamento Permanente (disponibile per il download su smartphone, sia con sistema iOS che Android), grazie a cui è possibile una partecipazione efficiente ed in tempo reale al dibattito anche per gli ospiti in sala.Le domande che Alec Ross ha rivolto alla platea sono di grande attualità nel dibattito politico (oltre che tecnologico) italiano: prendendo spunto dal caso Bill Gates: sarebbe o meno opportuno tassare i robot? La risposta generale si è divisa quasi a metà (il 49% ha votato sì, contro un 45% di no).Il pubblico non ha avuto invece grandi dubbi -il no ha raggiunto il 68%- sulla tematica legata all’opportunità o meno di introdurre un “minimum salary”, giudicandola negativamente nei termini di una potenziale perdita significativa di competitività.Le successive due domande hanno aperto uno spaccato ancora più concreto sul mondo del lavoro e della formazione italiana:Nella prima, si è chiesto ai manager presenti di stimare in quale percentuale i robot rimpiazzeranno posti di lavoro nei prossimi 3 anni: il 48% ha risposto tra il 10 e il 30%, il 35% sotto il 10% e il 20% oltre il 30%.Ross ha commentato esponendo i suoi dubbi sulle posizioni estreme degli utopici e dei distopici: se i primi vedono nei robot la panacea di tutti i mali, i secondi enfatizzano solo gli aspetti disruptive e negativi del loro avvento nel mondo del lavoro.La vera sfida non è ormai più se abbracciare o meno il cambiamento, ma consiste (e ancor più consisterà nel futuro prossimo) nel massimizzare i vantaggi della robotizzazione crescente e minimizzare l’impatto e le implicazioni sociali esplosive.Ogni organizzazione è chiamata a rispondere a questa sfida e se non esiste effettivamente una risposta univoca e valida per tutti, è possibile però attenersi a qualche “basic” sempre valido e versatile:1. Dinamismo – in un ambiente veloce come quello attuale del business, non si può operare con la rigidità tradizionale Diversity – istintivamente si tende a circondarsi di persone il più possibile a propria immagine e somiglianza: niente di più sbagliato se l’obiettivo è un team di successo. Per approfondire le misure pratiche da adottare, si può consultare il ciclo di webinar live dedicati al tema.2. Risk – Alzare l’asticella dei rischi che si è disposti a prendere è un altro step verso il futuro e anche un sicuro elemento distintivo, essendo l’Italia un Paese poco propenso a questa cultura.Per l’analisi dell’argomento formazione dei futuri leader e sugli study case di digitalizzazioni di successo è possibile leggere sempre Ross cliccando qui. Il PresenteL’ultimo anno è stato segnato da diversi avvenimenti che sono stati definiti “shock”, uno dei principali, che continua a far discutere anche in questi giorni, è stata la Brexit.Niall Ferguson, Senior Fellow, Centre for European Studies, Harvard University USA, ha portato la sua esperienza di storico finanziario e anche di scozzese, su un evento che ha molte più sfaccettature di quante non se ne colgano fuori dalla “Madre Patria”.Ferguson ha percorso a ritroso tutti i fattori tirati in discussione per spiegare la Brexit: in primis il fattore generazionale (l’età dell’elettorato così nettamente suddivisa tra Leave e Remain è stato tra i primi rilievi delle analisi a caldo nel dopo voto).A seguire, Ferguson ha parlato dell’altrettanto netto risultato “regionale” (L’Inghilterra provinciale e il Galles hanno votato Leave, mentre Londra e la Scozia Remain) e dei fattori (irrilevanti) legati all’economia e politica in senso stretto.Infine ha spiegato come il vero nodo del voto vada ricercato nella motivazione culturale, nel rifiuto del modello multiculturale e di gran parte dei valori fondanti la modernità.Gli stessi sondaggi inglesi attualmente in corso confermano come gran parte degli elettori, se si trovasse nella posizione di votare oggi una seconda volta, replicherebbe quello che aveva votato lo scorso anno. Questo, nonostante la confusione e le trattative complesse che attanagliano il Paese, dopo il rifiuto della “hard Brexit” sostenuto dalla May.Ferguson ha poi concluso il suo intervento paragonando la Brexit ad un divorzio: una situazione difficile, lunga e costosa, ma che vale la pena attraversare, a dispetto delle apparenze.L’ultima domanda posta da Ferguson che è stata ripresa nell’ultimo dibattito è stata: ora che l’Europa è senza la Gran Bretagna, è realistico sperare nel sogno di una Federazione Europea? Lo scetticismo di Ferguson in questo sogno forse troppo ambizioso è stato riecheggiato anche da Mario Monti, nonostante il ritrovato ottimismo sul futuro dell’UE del professore. Il PassatoNel 2014, Mario Monti, Presidente Università Bocconi, aveva azzardato tra i primi, in un discorso ad Oxford, il termine “rischio disintegrazione” a proposito dell’Unione Europea, in un periodo di particolare pessimismo personale. Il dopo Brexit lo ha visto tornare a livelli di fiducia molto più convinti.Le possibilità di fronte a cui si trovavano nei mesi scorsi i Paesi dell’Unione erano divise tra il rischio “contagio” e l’effetto “anticorpi”: le elezioni politiche appena trascorse hanno imboccato decisamente la seconda via, con le sconfitte delle coalizioni di orientamento populista.La tempesta che aveva travolto il Regno Unito dopo la Brexit ha intimorito più che entusiasmato gli elettori di Spagna (solo tre giorni dopo il voto inglese), Austria, Olanda e soprattutto Francia, dove il confronto è stato aspro, a tratti estremi. L’Italia è stata la sola Nazione a votare in controtendenza, ma la lettura in chiave populista appare a Monti come superficiale.IL 24 settembre prossimo, data del voto tedesco, non sembra riservare particolari sorprese: la vera incognita dei mesi a venire sarà quella che attraverserà Emmanuel Macron e che testerà la sua capacità di gestire i rapporti con la Germania, in un equilibrio europeo che tenta faticosamente di ricostruire i fragili equilibri interni. Sul tema dello scenario europeo interverrà il 18 settembre Lucio Caracciolo, nell’appuntamento trimestrale dal titolo: “Dopo l’Europa: ciascuno per sé, nessuno per tutti”.